Giustizia: è legge la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari entro il 31 marzo 2015


ospedale-psichiatricoEntro il 31 marzo 2015 aboliti gli Opg in Italia. È ufficiale la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari. Dopo un lunghissimo tira e molla, una serie di rinvii per una decisione tanto attesa, ma più volte rimandata, ora finalmente c’è una data certa: il 31 marzo 2015, grazie al voto dei 294 deputati favorevoli a Montecitorio, che hanno confermato il testo uscito da palazzo Madama. I contrari sono stati 109.

Entro quella data, dunque, il decreto 52/2014 ha stabilito che andranno sbarrate le strutture di ricovero per condannati a cui siano stati riscontrati problemi psichici permanenti e si trovino internati per il bisogno di cure di tipo continuativo.

Secondo quanto stabilisce la legge appena approvata, i magistrati dovranno adottare misure alternative al confinamento negli ospedali psichiatrici giudiziari, fino al termine ultimo della loro chiusura definitiva. Eccezioni saranno consentite solo in rari casi di conclamata pericolosità sociale dell’individuo, oppure qualora le cure non siano sufficienti a limitare il rischio per la comunità che il soggetto può detenere.

Ciò nonostante, potranno essere sufficienti condizioni di emarginazione particolari a dichiarare la pericolosità sociale della persona sottoposta alle cure in ospedale psichiatrico giudiziario, o, in aggiunta, anche alla latenza di un adeguato progetto di recupero e di assistenza terapeutica.

Entro 30 giorni verrà istituito un tavolo ad hoc per il superamento degli Ospedali psichiatrici giudiziari, che avrà il compito di presentare una relazione sull’avanzamento dell’iter di chiusura delle strutture degli “ergastoli bianchi”. Dopo l’approvazione, ci sarà tempo 45 per le regioni sul cui territorio sia presente almeno un Ospedale psichiatrico giudiziario, per presentare i progetti alternativi di riabilitazione alle persone internate, per favorire le dimissioni dalle strutture di ricovero.

http://www.leggioggi.it, 3 giugno 2014

Vecellio (Radicali): La situazione in cui versano le Carceri è sempre disastrosa


carceri detenuto agente penitenziarioNon se ne parla quasi più. Eppure la situazione in cui versano giustizia e carceri è sempre disastrosa, comatosa. Eppure il termine fissato dalla Corte di Giustizia Europea per sanare la situazione è abbondantemente scaduto.

La situazione attuale: un detenuto su cinque è in carcere senza aver subito un processo. Sono in questa condizione 10.389 reclusi, il 17% dell’intera popolazione carceraria (59.683, secondo i dati aggiornati al 30 aprile scorso).

Un fenomeno che incide sul sovraffollamento, ha costi umani ed anche economici per il Paese, visto che ogni giorno per la carcerazione preventiva l’Italia spende circa 1,3 milioni di euro. I dati emergono da un’analisi dell’Associazione italiana giovani avvocati.

Per arrivare a stabilire quanto costa la carcerazione preventiva l’Aiga è partita dai dati del ministero della Giustizia, e ha poi moltiplicato il numero dei detenuti sottoposti al carcere preventivo a quello che lo Stato spende al giorno per ogni singolo recluso: una cifra pari nel 2013 a quasi 125 euro, in un anno 45.610 euro.

Dal punto di vista numerico la situazione è migliorata da quando nel gennaio del 2013 fu pronunciata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo la sentenza Torreggiani, visto che allora i detenuti in attesa di giudizio erano circa 12.439 (18,87%) su un totale di 65.905 detenuti.

Ma anche l’attuale numero di reclusi senza processo è “ancora troppo alto, considerato che si tratta di persone sottoposte ad una misura cautelare senza aver subito alcun processo”. L’Aiga ricorda che il più recente dato sul sovraffollamento carcerario, quello elaborato dal Consiglio d’Europa e aggiornato al 1 settembre 2012, vede l’Italia posizionata al penultimo posto, “peggio di noi solo la Serbia”.

È facile prevedere -sostengono i giovani avvocati – che ai ricorsi pendenti si aggiungeranno quelli di nuova proposizione, con la conseguenza che l’Italia dovrà sborsare ulteriori ingenti somme relative ai risarcimenti: tra i 10 e i 20mila euro a detenuto, secondo quanto disposto dalla Corte nella sentenza.

Una situazione di palese illegalità, una situazione che non può essere risolta dai provvedimenti tampone annunciati dal Governo; una situazione in contrasto con la Costituzione e la normativa europea, e che può essere sanata solo a partire da un provvedimento di amnistia e indulto.

Lo ha ben detto, l’altro giorno, il Procuratore generale aggiunto che coordina i magistrati dell’esecuzione penale, dottoressa Nunzia Gatto: “Personalmente sono dell’idea che si sarebbe dovuto seguire la linea più volte indicata dal presidente della Repubblica per alleggerire il sovraffollamento carcerario: amnistia e indulto. In quel modo, per noi sarebbe stato possibile applicare automaticamente il condono ai detenuti che ne avessero avuto diritto”.

Il 28 maggio è il termine ultimo fissato dalla Cedu allo Stato italiano per porre fine alla tortura praticata nei confronti dei detenuti ristretti nelle nostre carceri è alle nostre spalle; eppure finora nulla è stato fatto. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, con il suo messaggio alle Camere ha “gridato” il suo autorevolissimo “non si perda neanche un giorno”, non è servito a nulla. Ci sono statele iniziative nonviolente che i radicali in questi mesi hanno messo in atto: dallo sciopero della fame e della sete di Marco Pannella a quello della segretaria di Radicali Italiani Rita Bernardini, fino agli appelli diffusi e sottoscritti da numerose personalità alle lettere inviate al Capo dello Stato.

Da ultimo, ma non ultimo, gli incoraggiamenti e gli appelli di papa Francesco con le sue telefonate a Pannella… l’obiettivo non può essere più chiaro: chiedere alle nostre istituzioni di porre in atto tutti i provvedimenti legislativi volti ad eseguire quanto richiesto dalla Corte di Strasburgo con la sentenza Torreggiani e cioè a rimuovere le cause strutturali e sistemiche del sovraffollamento carcerario che generano i trattamenti disumani e degradanti nelle nostre carceri.

La Cedu ci ha chiesto di rimuovere le cause strutturali che generano trattamenti inumani e degradanti, e tutto questo non si è realizzato. In realtà fin dall’emanazione della sentenza Torreggiani l’Italia avrebbe dovuto rimuovere subito i trattamenti inumani, per questo abbiamo proposto da anni un provvedimento di amnistia e indulto. Certo possiamo dire che ci sono meno detenuti, ma rimane la situazione di una pena illegale che continua a essere eseguita nelle nostre carceri, anche nella forma della custodia cautelare.

Gli aspetti della pena illegale in Italia non riguardano solo gli spazi a disposizione di ciascun detenuto (e qui il sovraffollamento persiste) ma anche la possibilità di accesso alle cure. Su questo versante la situazione è disastrosa, perché oltre i tossicodipendenti, che sono il 32%, il 27% di detenuti ha un problema psichiatrico. Non solo: malattie infettive debellate all’esterno dietro le sbarre si diffondono sempre di più. Tra queste, l’epatite C è la più frequente (32,8%), seguita da Tbc (21,8%), epatite b (5,3%), Hiv (3,8%) e sifilide (2,3%). Con tutti i rischi di diffusione di queste malattie all’esterno. Per quel che riguarda inoltre le possibilità di accesso alle attività trattamentali, quali il lavoro e lo studio siamo ancora all’anno zero. C’è una percentuale bassissima di detenuti che può svolgere lavori poi spendibili all’esterno. Su quasi 60.000 detenuti, solo 2.278 solo quelli che svolgono attività per datori di lavoro esterni, mentre 12.268 fanno lavori poco qualificanti all’interno del carcere.

Quanto agli interventi approvati per ridurre l’emergenza sovraffollamento, queste misure non sono tali da far uscire l’Italia dall’illegalità e farla rientrare nei parametri costituzionali italiani ed europei. In particolare va sottolineato che ancora una volta la politica ha scaricato le decisioni sui magistrati di sorveglianza. Questi ultimi non riuscivano a star dietro a tutte le istanze presentate dai detenuti in quanto la pianta organica, peraltro insufficiente, che prevede 173 unità, in realtà vede coperti soltanto 158 posti. A ciò si aggiunga il fatto che ancora più carente è il personale amministrativo e di cancelleria. Inoltre fra i compiti aggiuntivi per i magistrati di sorveglianza, c’è quello del cosiddetto “rimedio interno” che l’Italia ha dovuto prevedere viste le tantissime istanze presentate alla Corte Ue da parte di detenuti. In base a questa norma, il detenuto deve fare tutta la trafila interna e alla fine del procedimento, se ritiene che i suoi diritti siano stati violati, può fare ricorso alla Corte Europea. La democrazia e lo stato di diritto si possono realizzare solo difendendo i diritti umani fondamentali. Ne siamo, purtroppo, ben lontani.

di Valter Vecellio

http://www.articolo21.org, 3 giugno 2014

Papa Francesco… ti chiediamo un pensiero e un messaggio per gli “uomini ombra”


OLYMPUS DIGITAL CAMERA“Dio, lo so, non ti dovrei scrivere perché non sono credente, ma ho scritto un po’ a tutti e nessuno mi ha mai risposto e ho pensato di rivolgermi anche a te”. (Frase trovata scritta sulla parere di una cella di un ergastolano).

Francesco, venerdì, sei giugno 2014, qui nel carcere di Padova ci sarà un convegno sull’abolizione dell’ergastolo. Lo so non potrai essere presente, ma ti chiediamo un pensiero, una preghiera, un messaggio, un cenno per darci un po’ della tua voce e della tua luce. Francesco, devi sapere che da quando hai abolito la “Pena di Morte Viva” (come chiamiamo noi la pena dell’ergastolo) non c’è un uomo ombra (così si chiamano fra loro gli ergastolani) che non vorrebbe essere prigioniero nel carcere della Città del Vaticano perché qui viviamo nel nulla di nulla, destinati a marcire in una cella per tutta la vita. Francesco, devi sapere che l’ergastolano non vive, pensa di sopravvivere, ma in realtà non fa neppure quello, perché questa crudele pena ci tiene solo in vita, mentre una pena giusta dovrebbe avere un inizio e una fine.

Francesco, nessun essere umano o disumano meriterebbe di vivere con una punizione senza fine, tutti dovrebbero avere diritto di sapere quando finisce la propria condanna. La pena dovrebbe essere buona e non cattiva. E dovrebbe risarcire e non vendicare. Una pena che ti prende il futuro per sempre ti leva il rimorso per qualsiasi male che uno abbia commesso. Una volta un mio compagno di cella mi ha raccontato che il più grande dolore non è stato la sofferenza della condanna alla pena dell’ergastolo, ma il momento del perdono che ha ricevuto dalla vittima del suo reato. Nessun’altra specie vivente tiene un animale dentro una gabbia per tutta la vita, una pena che non finisce mai non ha nulla di umano e ti fa passare la voglia di vivere. Come fa a rieducare una pena che non finisce mai? Molti ergastolani, dopo venti anni di carcere, camminano, respirano e sembrano vivi ma in realtà sono morti.

Francesco, diglielo tu ai “buoni” che gli ergastolani non hanno paura della morte perché la loro vita non è poi cosa diversa dalla morte. Diglielo tu ai “buoni” che nelle carceri italiane ci sono uomini che sono ombre che vedono scorrere il tempo senza di loro e che vivono aspettando di morire. Diglielo tu ai “buoni” che solo il perdono fa nascere ai cattivi il senso di colpa mentre le punizioni crudeli e senza futuro fanno sentire innocenti anche i peggiori criminali. Diglielo tu ai “buoni” che la migliore difesa contro l’odio è 1’amore e la migliore vendetta è il perdono. Diglielo tu ai “buoni” che dopo tanti anni di carcere non si punisce più quella persona che ha commesso un crimine, ma si punisce un’altra persona che con quel crimine non c’entra più nulla. Diglielo tu ai “buoni” che 1’ergastolo ostativo è una vera e proprio tortura che umilia la vita e il suo creatore. Gli uomini ombra ti mandano un sorriso fra le sbarre.

di Carmelo Musumeci (detenuto ergastolano nel Carcere di Padova)

Ristretti Orizzonti, 3 giugno 2014