E’ boom di tubercolosi, epatiti e Aids nelle carceri italiane, con numeri allarmanti: l’incidenza di Tbc in cella e’ maggiore dalle 25 alle 40 volte rispetto alla prevalenza che ha nella popolazione generale; discorso simile per l’HIV (10 volte) e le epatiti.
Sono i dati diffusi dalla della Societa’ Italiana di Medicina e Sanita’ Penitenziaria (SIMSPe) durante il suo congresso nazionale a Torino. Su questo aspetto si e’ soffermato il professor Sergio Babudieri, Professore associato di malattie infettive all’Universita’ di Sassari e Presidente della SIMSPe, che ha rilevato come nella popolazione carceraria tra il 30 e il 40% delle persone abbiano l’epatite C, mentre l’epatite B attiva e’ intorno al 7%; oltre la meta’ dei detenuti (56%), inoltre, ha avuto contatti con l’epatite B; l’infezione della tubercolosi e’ oltre 50% nei detenuti stranieri.
“Questi numeri dovrebbero essere raccolti dallo Stato, serve un Osservatorio Nazionale di Studi sulla Sanita’ in carcere” afferma Babudieri. “Uno degli scopi del Congresso e’ proprio quello di iniziare a ragionare sulla creazione di Raccomandazioni che possano poi essere presentate all’interno di un documento ufficiale e consegnate alle Istituzioni. Alcuni gruppi di lavoro si stanno gia’ attivando su questo”. Ma non solo malattie infettive: i prigionieri sono spesso soggetti all’obesita’, sono fumatori e costretti ad una cattiva alimentazione. L’attivita’ della SIMSPe risiede pure nel creare consapevolezza negli individui, ponendoli di fronte ad eventuali terapie e diagnosi.
A questo proposito, il carcere rappresenta un osservatorio straordinario per coinvolgere delle fasce di popolazione che altrimenti non terrebbero mai in conto il bene salute. “Il detenuto di oggi e’ il cittadino di domani; in carcere si riesce ad intercettarlo, fuori come si fa?” si domanda Babudieri per far capire quanto sia importante intervenire in questo contesto. “L’importanza di una simile azione e’ poi testimoniata dai numeri: vari studi dimostrano che i pazienti positivi all’HIV non consapevoli trasmettono il virus sei volte di piu’ di quelli che sanno di esserne infetti” ha concluso Babudieri.