Reduce da una visita a Regina Coeli, Luigi Manconi rilancia con una lettera aperta al ministro della Giustizia Orlando l’ipotesi di un atto di clemenza per far fronte al sovraffollamento carcerario. Ma proprio dall’altro carcere romano, quello di Rebibbia, il Guardasigilli risponde di no: “Non ho una contrarietà ideologica per un provvedimento di clemenza – dice nel corso di un convegno – ma potrebbe distogliere l’attenzione dalle riforme che si possono fare”. Secondo Manconi, presidente della Commissione Diritti Umani del Senato, oltre agli interventi strutturali, “non bisogna escludere l’ipotesi indulto o amnistia. Il sistema carcerario è come un corpaccione afflitto da una febbre enorme. Bisogna dapprima abbassare, la febbre, introducendo un pò di normalità, a quel punto le riforme potranno essere fatte”. Parole che seguono quelle scritte, contenute nella missiva rivolta a Orlando, e firmata in modo bipartisan dai parlamentari Lo Giudice, De Cristofaro, Buemi, Palermo, Compagna, Petraglia, Gotor, Valentini, Tronti, Verini e Leva: “Sosterremo i prossimi interventi legislativi annunciati con la massima convinzione e determinazione, in quanto consapevoli che la tutela dei diritti umani per la popolazione reclusa è parte integrante di una riforma complessiva del sistema della giustizia – si legge – ma vorremmo che questa attività del governo e del Parlamento, che ci auguriamo proceda con rapidità, non escluda quegli interventi che il Capo dello Stato ha definito “straordinari” ma ineludibili. Certo, un provvedimento di clemenza è decisione che spetta al parlamento e con una maggioranza qualificata, ma al ministro della Giustizia, che conosce come pochi altri la situazione dei tribunali e delle carceri, chiediamo una parola autorevole in merito”. Secondo Manconi e gli altri firmatari “non c’è dubbio che siano stati compiuti, da parte degli ultimi due ministri (Cancellieri e Orlando, ndr) dei passi in avanti. Non ignoriamo né consideriamo insignificanti questi progressi, grazie a provvedimenti che abbiamo sostenuto ma che consideriamo ancora eccessivamente limitati”. Limitati perché “a fine aprile, da una nota ufficiale della amministrazione penitenziaria, i detenuti erano 59.683: un motivo di sollievo, ma occupano comunque uno spazio di 43mila posti effettivi. In quello scarto sta la persistente tragedia del nostro sistema penitenziario”. Di qui l’appello a Orlando affinché “abbia coraggio e vada avanti con audacia” anche utilizzando gli strumenti di amnistia e indulto. Ma la replica del ministro è arrivata pronta: “Non riaprire lo scontro ideologico su amnistia e indulto” ma “continuare sulla strategia intrapresa. È in discussione un provvedimento sulla custodia cautelare, vediamo i primi effetti della sentenza della Consulta sulla legge sulle droghe, in questo mese abbiamo visto una diminuzione di 500 unità del numero di detenuti”. Ora come ora dunque “non c’è l’esigenza di pensare a provvedimenti emergenziali”.
Lettera parlamentari: le carceri non sono migliorate abbastanza
“Il termine posto al nostro Paese dalla Cedu scade e il nostro sistema penitenziario non ha migliorato abbastanza la propria capacità di ospitare in maniera dignitosa le persone ristrette”. Lo scrivono in una lettera aperta al ministro della Giustizia, Andrea Orlando, una decina di deputati, in maggioranza del Pd, ma anche di Sel e di Ncd, che intendono raccogliere altre adesioni. Il testo è stato presentato dai senatori Luigi Manconi e Sergio Lo Giudice del Pd, e Giuseppe De Cristofaro di Sel in una conferenza stampa al Senato all’indomani della visita di una delegazioni di parlamentari nel carcere romando di Regine Coeli. La lettera ricorda che “quando le sentenza Torreggiani diventava definitiva, in carcere c’erano 65.886 detenuti, alla fine del mese scorso se ne contavano 59.683. Ovvero 6 mila in meno. Ma quanto ancora è lontana la corrispondenza con la capienza regolamentare delle nostre Carceri che, secondo lo stesso Dap non potrebbero ospitare più di 43.547 detenuti”. “L’ordinaria amministrazione e le sfumature legislative – continuano i parlamentari che hanno sottoscritto il testo – tutte giustamente perseguite dal governo in carica e dal precedente, non possono risolvere il problema” di “una crescita abnorme della popolazione reclusa”. Nella lettera garantiscono ad Orlando il sostegno “ai prossimi interventi legislativi annunciati con la massima convinzione” ma “vorremmo che questa attività di governo e del parlamento non escluda quegli interventi che il Capo dello Stato ha definito straordinari. Certo un provvedimento di clemenza è decisione che spetta al parlamento, e con una maggioranza qualificata, ma al ministro della Giustizia chiediamo una parola autorevole in merito”.
Orlando: no alla clemenza, andare avanti con le riforme
“Non riaprire lo scontro ideologico su amnistia e indulto”, ma andare avanti con le riforme per risolvere l’emergenza carceri. Questa la linea del ministro della Giustizia, Andrea Orlando. “Penso si tratti di continuare sulla strategia intrapresa, utilizzarla fino in fondo – ha detto il guardasigilli intervenendo a un convegno a Rebibbia – è in discussione un provvedimento sulla custodia cautelare, vediamo i primi effetti della sentenza della Consulta sulla legge sulle droghe. In questo mese abbiamo visto una diminuzione di 500 unità del numero di detenuti e oggi siamo a quota 59.071. Dunque, ora non c’è l’esigenza di pensare a provvedimenti emergenziali”. Nei prossimi sei mesi, ha aggiunto il ministro, si cercherà di “capitalizzare” la serie di interventi messi a punto negli ultimi mesi. “Questi si sono susseguiti in modo caotico – ha rilevato Orlando – e vanno sistematizzati. Potremmo riorganizzare tutto il sistema, che ora puntava su un unico pilastro, quello della pena in carcere, pensando invece a due binari, quello del carcere e delle pene alternative”. Il ministro ha sottolineato di non avere “contrarietà ideologiche” sull’indulto, “ma penso che una discussione che impegna tante energie possa distogliere l’attenzione da ciò che si può fare in questa fase politica”. Orlando, infatti, ha ricordato “l’inversione di tendenza” che vi è stata con il provvedimento sulla messa alla prova “che ha affermato il principio secondo cui lo strumento della pena non si esaurisce nel carcere”, nonché la possibilità di “arrivare entro fine mese ad un testo accettabile in materia di custodia cautelare”. Inoltre, “va apprezzato il lavoro del Parlamento che è stato contro corrente – ha rilevato il ministro – ogni provvedimento veniva subito etichettato come svuota carceri e nel corso degli anni ci sono state lunghissime discussioni non sulla qualità della pena ma sulla esecrabilità del reato. La promessa securitaria ha completamente fallito: il sistema penitenziario costa molto e i tassi di recidiva sono fuori dalla media. Chi ha promesso che solo con il carcere ci sarebbe stata più sicurezza, oggi non è in grado di dimostrarlo e da questo fallimento si può costruire un sistema diverso con pene alternative”.
Orlando: Strasburgo? Sono cautamente ottimista
“C’è ancora tanto lavoro da fare, non sono trionfalista ma cautamente ottimista”. Lo ha detto il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, parlando dell’attesa decisione della Corte di Strasburgo sull’Italia in materia di carceri. “Non azzardo pronostici – ha aggiunto il ministro – ma c’è uno sforzo unitario e tenteremo di dare un colpo di reni nei prossimi sei mesi. Bisognerà lavorare per un monitoraggio su ciò che è stato fatto sul piano normativo”. Strasburgo, infatti, ha sottolineato Orlando, “non ci contesta solo gli spazi inferiori a tre metri quadrati per i detenuti, ma anche la qualità del sistema, la sua incapacità di avviare percorsi di riabilitazione. Il Dap ha realizzato un data base, che non riguarda solo i numeri ma anche le attività dei penitenziari. Ne viene fuori una fotografia cruda: in alcune realtà la qualità del servizio è accettabile, in altre si è lontani da qualunque standard”. Dunque, ora “bisogna riorganizzare il sistema – ha spiegato il ministro – e se pensiamo alle pene alternative, dobbiamo rivedere anche funzioni e dotazioni dei Tribunali di Sorveglianza, nonché la funzione e il ruolo, anche con una riqualificazione della polizia penitenziaria”.
Orlando: la politica securitaria ha fallito
“La promessa securitaria ha fallito. A fronte di un sistema che costa abbiamo un tasso di recidiva fuori dalla media. Chi diceva che più carcere garantisce più sicurezza, oggi è dimostrato che sbagliava”. Così il ministro della Giustizia Andrea Orlando secondo cui bisogna “costruire il pilastro delle pene alternative”.
9Colonne, 29 maggio 2014
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