Carceri, Napolitano al Parlamento: urgenti misure per i detenuti. “Grazie al Papa per la telefonata a Pannella”


Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica“E’ ora – a distanza di oltre sei mesi dal messaggio da me rivolto al Parlamento a questo proposito – di fare il punto sulle misure adottate e da adottare, anche in ossequio alla nota sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo”. E’ quanto scrive in una nota il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, tornando sul tema della situazione delle carceri.

La nota di Napolitano esordisce con un ringraziamento a Papa Francesco: “Nel salutare il Pontefice, a conclusione della storica cerimonia di questa mattina in San Pietro – aggiunge Napolitano – ho voluto ringraziarlo per il generoso gesto della sua telefonata di qualche giorno fa a Marco Pannella, che si espone anche a un grave rischio per la sua salute per perorare la causa delle migliaia di detenuti ristretti in condizioni disumane in carceri sovraffollate e inidonee”. E’ a questo punto che il presidente chiede la ‘verifica’ sulle misure adottate e da adottare per risolvere il problema delle carceri italiane.

La Repubblica, 27 Aprile 2014

Carceri, muore detenuto 32enne, avrebbe terminato la pena tra soli 5 giorni


Casa Circondariale GiarreNei giorni scorsi, presso la Casa Circondariale di Giarre, in Provincia di Catania, è morto un ragazzo di 32 anni gravemente ammalato. Si chiamava Daniele Sparti ed aveva già espiato 8 anni di reclusione, pena che avrebbe terminato tra pochi giorni.  

Secondo quanto trapelato, Daniele soffriva di grave obesità e, specie la notte, era sottoposto ad ossigenoterapia. Pare che, nella nottata, l’ossigeno che lo aiutava a sopravvivere sia finito e che nessuno se ne sia accorto fino alla mattina, quando ormai non c’era più niente da fare. A dare la brutta notizia alla famiglia è stato il Cappellano del Carcere. La salma è stata trasferita presso l’Obitorio dell’Ospedale Garibaldi di Catania.

Per il momento, le persone detenute morte in carcere dall’inizio dell’anno ad oggi, sono 45, 12 delle quali per suicidio.

Giustizia: manicomi giudiziari, l’orrore continua per 1.000 persone


Ospedale Psichiatrico Giudiziario 1Vogliono darcela a bere: non cesseranno di esistere nemmeno nel 2015 e i diritti umani degli internati continueranno ad essere calpestati.

Sarebbero dovuti scomparire per sempre già 3 anni fa. E invece gli ospedali psichiatrici giudiziari resteranno aperti ancora per un anno. Almeno. Fino al 31 marzo 2015, forse, in attesa che le regioni completino la “realizzazione e riconversione di strutture destinate all’accoglienza degli internati”. Un decreto del governo ha allungato l’agonia per circa 1.000 reclusi. Per l’Europa – che presto tornerà a bacchettarci – sono luoghi “inumani e degradanti”.

Ma in Italia tra una proroga e l’altra restano. Come la vergogna per il nostro paese. Le Regioni non hanno predisposto i Dipartimenti di Salute Mentale, a quanto sembra l’unica vera struttura alternativa, e così 803 uomini e 91 donne affette da disturbi mentali (che hanno commesso un reato ma sono state prosciolte perché malate di mente) restano prigioniere in quelli che al tempo venivano chiamati manicomi criminali. Che assomigliano a dei lager.

Le condizioni sono degradanti, vergognose. Imbarazzanti. E tutti lo hanno potuto vedere. Le immagini documentarie fatte girare quattro anni fa dalla Commissione Sanità del Senato rappresentano una ferita difficilmente rimarginabile. Ma evidentemente l’indignazione ha riguardato poche persone ed è durata solo per pochi attimi.

Dal presidente Giorgio Napolitano a tutti gli altri politici. Nessuno escluso ha definito queste strutture un “orrore”, indegne per un paese civile. Ma gli Opg sono ancora in vita. Proprio perché l’Italia, in quanto a giustizia, è un paese incivile. C’è una legge che risale al 15 maggio 2012. Che oltre a prevedere la chiusura dei sei centri nel Paese – Aversa, Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), Napoli, Montelupo Fiorentino (Firenze), Reggio Emilia e Castiglione delle Stiviere (Mantova) – ha stanziato 180 milioni per la costruzione delle nuove strutture. Altri 38 milioni sono arrivati poi nel 2012. E ancora: gli ultimi 55 nel 2013. Ma in questi anni cosa è stato fatto? Dove sono finiti i soldi? Perché i nuovi “organismi” ancora non sono pronti?

carcere chiave cellaQualcuno vuol darcela a bere. Perché ci sono Regioni che non hanno ancora consegnato progetti esecutivi e altre che devono ancora istituire gare d’appalto per la gestione delle Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems), i dipartimenti che dovrebbero sostituire gli Opg. Per tutti questi motivi i cosiddetti manicomi criminali non chiuderanno probabilmente prima del 2017.

E la dignità delle persone “ristrette” seguiterà ad essere calpestata ancora per molti anni. Così come i loro diritti umani. Gli internati continueranno ad avere degradanti bagni alla turca sotto i letti, condizioni sanitarie macabre e strutture fatiscenti. Questa vergogna, senza fine, continua.

di Federico Colosimo

Giornale d’Italia, 26 aprile 2014

Carceri, i Radicali : chiediamo a Papa Francesco una parola a favore dell’Amnistia


Laura ArcontiSanto Padre, noi cittadine laiche credenti nella religione della libertà e del Diritto, ci rivolgiamo alla Santità Vostra unite da un comune sentimento di umanità e di rispetto dei diritti universali.

Vs Santità è di sicuro al corrente della situazione in cui versa la Giustizia italiana con particolare riguardo alle carceri. Sa che il Presidente della Repubblica lo scorso 8 ottobre ha inviato al Parlamento un solenne messaggio, suggerendo provvedimenti di indulto ed amnistia.

Grazie ad Emma Bonino Vs Santità è venuto a conoscenza della lotta nonviolenta che il leader radicale Marco Pannella sta conducendo nella sua forma più grave dello sciopero della sete, per chiedere che lo Stato italiano esca dalla criminale flagranza di reato per la quale è condannato dalla Corte europea dei Diritti dell’Uomo.

Flagranza riconosciuta grazie a decenni di lotta nonviolenta cui anche noi, da militanti oltre che dirigenti radicali, abbiamo dato corpo al fianco del nostro leader, unendoci nello straordinario cammino della storia radicale nel quale abbiamo appreso la forza della non violenza nel dar corpo e voce agli ultimi, ai dimenticati, perii riconoscimento dei loro diritti e della loro dignità, per la vita del diritto ed il diritto alla vita.

Pannella sta lottando contro il parere dei medici e fa del suo corpo il simbolo della fame e della sete di Giustizia, nel totale silenzio degli organi di informazione. Silenzio interrotto dalla notizia che Vs Santità ha voluto telefonargli, assicurandogli che parlerà della scandalosa situazione delle carceri per aiutarlo nella sua domanda di giustizia e clemenza: noi siamo grate dal profondo del cuore perla naturalezza del gesto di conforto e la promessa di una Sua parola.

Secondo Costituzione Stato e Chiesa cattolica sono indipendenti e sovrani: non saremo certo noi a chiedere alla Santità Vostra un intervento nei confronti dello Stato italiano. Tuttavia fatti storici suggeriscono di rivolgerci al Romano Pontefice chiedendogli una parola che richiami le coscienze di ciascuno in virtù dell’alto magistero spirituale della Chiesa.

Giovanni XXIII il 26.12.58 fu il primo pontefice a recarsi in visita al carcere di Regina Coeli. Giovanni Paolo II, la cui elezione nel 1978 venne salutata da Pannella con la frase “Dio ce lo ha dato guai a chi me lo tocca” e che ricevette Pannella ed Emma Bonino durante la lotta contro lo sterminio per fame, andò al Parlamento italiano nel 2002 e chiese un segno di clemenza verso i detenuti. Anche la Cei si è ufficialmente espressa per la necessità di una amnistia contro il sovraffollamento delle carceri.

Fra poche ore saranno canonizzati due Pontefici che hanno avuto a cuore i diritti umani e civili, e la protezione e la cura dei prigionieri. C’è un filo rosso che unisce la lotta nonviolenta di Pannella alla volontà di protezione e cura dei detenuti espressa da Giovanni XXIII e da Giovanni Paolo II: noi ci rivolgiamo alla Santità Vostra perché con l’augusta parola che vorrà pronunciare richiami le esortazioni dei due pontefici predecessori e le renda vive, presenti, urgenti, alle coscienze di tutti. Questa parola è “Amnistia”.

Laura Arconti  – Presidente dei Radicali Italiani

Deborah Cianfan – Direzione Nazionale Radicali Italiani

Il Tempo, 27 aprile 2014

Giustizia: intervista a Marco Pannella “Il Papa parlerà delle carceri… me l’ha promesso”


Papa - PannellaE venne la liberazione di Marco Pannella, che ha lasciato l’ospedale Gemelli di Roma e non dovrà fingere imbarazzo – non l’ha mai fatto tanto, in verità – per una boccata di sigaro dove non è permesso.

Il radicale di 84 anni (il prossimo maggio), che non ha smesso la protesta non violenta, non beve da giorni (e i medici sono preoccupati) per ottenere un intervento di clemenza contro le carceri disumane e traboccanti, aspetta il messaggio di Papa Francesco. Come promesso. Dopo un colloquio di quasi mezz’ora: “La nostra battaglia è una battaglia comune”.

Pannella, come sta?

Benissimo. E tu?

Ha dieci minuti?

No, cinque. (Ne impiegherà 25).

Adesso i Radicali hanno un alleato in più…

Francesco non lo farà soltanto per aiutare i Radicali, questo è vero, me l’ha detto e gli sono riconoscente. Ma il Papa intende mobilitare con la parola, la predica e la pratica la riforma della giustizia e per sconfiggere la conseguente violenza sociale: la detenzione. (Si attende un’invocazione per l’amnistia, ndr). I precedenti di questa situazione possono essere soltanto ritrovati nei decenni di massimo potere nazista, comunista o fascista che siano. E Francesco non ignora, ne sono certo, un libro di una valenza attuale: “Il tradimento dei chierici” di Julien Benda, che aveva previsto la barbarie totalitaria.

Il Pannella di aborto, divorzio, fine vita, matrimoni omosessuali riceve una chiamata di un pontefice. Strano?

Sì, però io non sono mai stato contro il Vaticano come espressione religiosa. Operando non come potere, affidando anche il governo della Chiesa a otto cardinali e non più a un Segretario di Stato, questo Papa dimostra il valore della parola e della pratica democratica, cose che per noi Radicali costituiscono una parte del nostro Statuto di un partito transazionale e non violento.

Allora merita la vostra tessera onoraria…

Sì, Francesco dovrebbe ottenere una onorificenza radicale nel nome di valori privi di ricchezze materiali. Il Papa realizza l’intuizione e l’aspirazione del cardinale Ratzinger che aveva scritto, e aveva riscosso la mia immediata approvazione: la Chiesa e la fede erano stati nella storia, al massimo della loro forza, nel momento in cui i propri averi erano assolutamente inesistenti.

Cosa ha raccontato a Bergoglio?

In termini tecnici, lo Stato italiano, da almeno un trentennio, reitera con costanza criminale il mancato rispetto ai massimi articoli del diritto contemporaneo. È contro i diritti umani e contro gli Stati di diritto sottomessi a ragioni di partito. Il Consiglio d’Europa ha denunciato questa condizione italiana, che ha creato una gravissima ferita allo Stato di diritto e alla popolazione italiana. Il nostro obiettivo, solitario durante i decenni, oggi è diventato quello del presidente della Repubblica e del pontefice del Vaticano.

Vi incontrerete in Vaticano?

Oggi o domani non credo. Ma ti voglio presentare un mio amico. (“Sono don Vincenzo (Paglia), un amico e sostenitore di Marco”, ex arcivescovo di Terni, ndr). I politici mi dicono “che fai, sei pazzo”. Non come il Papa che mi ha esortato: “Coraggio, vai avanti”.

di Carlo Tecce

Il Fatto Quotidiano, 27 aprile 2014

Giustizia: l’ex Ministro Riccardi incontra Pannella; impegno per umanizzare carceri italiane


carceri affollateAndrea Riccardi si è recato in visita da Marco Pannella, convalescente e indebolito dallo sciopero della sete. Una visita personale e di solidarietà, anche a nome della Comunità di Sant’Egidio, di cui l’ex-ministro è fondatore, che ha il significato, si legge in una nota, di un impegno rafforzato nella battaglia per umanizzare le carceri italiane, sovraffollate, spesso disumane e a rischio di grave sanzione dal 24 maggio prossimo.

“Le carceri italiane – afferma Riccardi – hanno perso, per motivi strutturali e ragioni che nulla hanno a che vedere come la sicurezza, la funzione originaria di espiazione della pena e riabilitazione. Così come sono producono recidive nel 67 per cento dei casi, due volte su tre. Ed è terribile il bilancio di circa 60 suicidi ogni anno, 100 volte di più che in Italia, cui corrispondono anche troppi suicidi degli agenti di custodia, dieci volte di più quello che accade nel resto della popolazione”.

Andrea Riccardi ex Ministro“È una situazione malata: assieme a un diverso sistema delle pene – continua l’ex ministro -, non carcerocentrico per reati di lieve entità e che non rappresentano un allarme sociale, alla riduzione della abnorme custodia cautelare, misure cui governo e Parlamento hanno messo mano, e al normale uso delle misure alternative al carcere, oggi il coraggio di un provvedimento di indulto e amnistia sarebbe un punto di svolta definitivo: rimetterebbe il sistema carcerario e delle pene in grado di funzionare, dalla patologia alla fisiologia”. “La Comunità di Sant’Egidio – conclude – continuerà nella stessa direzione per umanizzare le carceri e restituire legalità a un sistema in difficoltà”.

La Presse, 27 aprile 2014

“Come si ordina un omicidio”. Riflessioni a margine di Francesca De Carolis


 Alcune riflessioni, dopo aver visto il video che per alcuni giorni è comparso sulla pagina di Repubblica on line. Titolo: come si ordina un omicidio. Nelle immagini  Giovanni Di Giacomo, che darebbe l’ordine al fratello di uccidere alcuni esponenti mafiosi. Giuseppe Di Giacomo, il fratello, verrà poi ucciso prima di portare a termine il mandato… Un racconto che fa orrore, per la crudeltà e la ferocia. Giusto inorridirsi e sapere. Eppure, mi sono chiesta, è giusto che l’informazione su quanto avviene in carcere, a proposito di boss e appartenenti o ex appartenenti a vario titolo a organizzazioni criminali sia solo questa? Dare in pasto solo brandelli d’informazione, quella che fa più effetto, quella che fa più orrore? Io penso che non basti e che non sia neanche giusto. Non basta ad aiutarci a capire situazioni complesse come quelle del mondo della criminalità e delle mafie. Mentre rimane un racconto che, piuttosto che aiutarci a capire e ragionare su strade possibili, si limita ad assecondare l’attesa di un’opinione pubblica già così incline a pensare che sempre e solo di mostri si tratti, mostri irredimibili, che la pena degli altri, sempre e comunque coincida con  la nostra sicurezza, e che si getti pure la solita chiave…

Una riflessione, che non vuole insegnare naturalmente niente a nessuno. Solo invitare a interrogarsi. Sono stata anch’io per qualche tempo cronista. Pur occupandomi prevalentemente di “bianca”, come si diceva, è capitato anche a me di fare “un minutino” per i tg su operazioni di polizia, e quant’altro. Tot arrestati, tot condanne, plauso… e tutto finiva lì. Da qualche anno, da quando ho iniziato a entrare in alcune carceri, a guardare in faccia persone che dal mondo della criminalità vengono e interloquire con loro, ho capito che la realtà delle persone che pensiamo “le peggiori” può essere anche altra. Non cercare di indagare anche queste realtà, non affiancarne il racconto a ciò che ci piace tanto mettere in prima pagina per l’effetto che fa, ho capito sia cosa non giusta, anche e soprattutto se dichiariamo che è una società migliore, “libera dalle mafie”, quella che vogliamo…

Frequentando e confrontandomi con alcuni ergastolani appartenuti ad organizzazioni criminali, ho capito che le storie proprio quando alle loro spalle si chiudono i cancelli di un carcere cominciano. E possono prendere tante direzioni. Possiamo incontrare i Di Giacomo, certo, ma ho conosciuto anche persone, venute dallo stesso ambiente, in regime di alta sicurezza, e che pure durante decenni di carcere un percorso positivo davvero l’hanno fatto. E non è questo ciò che poi la Costituzione richiederebbe come fine della pena? Il fine rieducativo enunciato dall’art.27. Uno dei più violati della Costituzione. Ma qualche volta accade… Con alcuni continuo a scambiare parole, racconti. Conosco storie sorprendenti. Ma chi parlerà mai, se non come dato “folkloristico”,  di Carmelo Musumeci che in carcere si è laureato in giurisprudenza e ora scrive i ricorsi per chi non ha avvocato. O di Alfredo Sole che mi scrive lettere zeppe di filosofia, o Giovanni Lentini, che studia religioni ortodosse, o di Claudio Conte che argomenta di leggi e di romanzi, o di Pasquale De Feo che si è dato a studi storici sul meridione per trovare anche il senso della “sua” personale storia?  E perché non dare lo stesso risalto del video che abbiamo visto alla storia di Marcello Dell’Anna, che non solo si è laureato in giurisprudenza  ma, udite udite, ha poi continuato gli studi e nei mesi scorsi la scuola forense di Nuoro gli ha affidato il ruolo di relatore nel corso di formazione giuridica per avvocati che si è tenuto fra gennaio e febbraio. Dagli atti ne verrà un libro che sarà presentato, nel carcere di Badu ‘e Carros, il 13 giugno… Ebbene, Dell’Anna è stato boss della corona unita, in carcere da quando aveva 23 anni, ora ne ha 46. Vorrei farvi leggere cosa scrive e come lo scrive… Ancora un nome: Mario Trudu. Ho appena finito di seguirne l’autobiografia. Uscirà in agosto, con Strade Bianche…  Un libro crudo, che non risparmia nulla né a sé né agli altri. Un giorno gli ho chiesto se non ritenesse di “smussare “ alcuni racconti. Lui mi ha risposto che no, che se ha scritto questo libro è perché vuole che le persone sappiano esattamente chi è stato, per capire la differenza con quello che è adesso. E un po’ del mio stupido consiglio mi sono vergognata… Ecco, perché non dare adeguato risalto anche a queste storie? Davvero non ci importa più di loro se hanno seguito il percorso a cui tutti, in carcere, dovrebbero tendere? Ma non è ciò per cui ( anche ) sono stati messi in galera? Eppure, e lo testimonia chi questi percorsi ha seguito, c’è chi è ormai giunto ad un livello di maturità tale da non dimenticare nemmeno per un istante il dolore delle vittime… Dare adeguato spazio a questo significherebbe anche rendere merito e aiutare chi nell’amministrazione penitenziaria agisce in questa direzione pur nelle condizioni difficili, quando non impossibili, che conosciamo. In un momento in cui si richiede l’impegno di tutti nella lotta contro le mafie, perché allora non far sapere che una strada è possibile, che c’è chi, dopo aver sofferto e aver raggiunto un profondo intimo cambiamento,( e provate un secondo a immedesimarvi: entrare in carcere a 25 anni ed essere ancora lì a 50, 60…) potrebbe offrire alla società la testimonianza del suo percorso? E invece no, vincono gli orrori… cosa che poi, anche se non vogliamo, diventa ben funzionale alla necessità di dare in pasto alla gente, all’elettorato, direi in questo momento, norme sempre più restrittive, spesso feroci, che come nella pesca con reti a strascico rastrellano le periferie, e non intendo solo in senso fisico, delle nostre città…

Mi piacerebbe che fossero i giovani cronisti a ragionare su questo. A chiedersi se la cronaca “nera” debba finire precisamente dove inizia “la bianca” o la “società”, come si dice adesso, e non saperne nulla l’una dell’altra. Con tutte le differenze del caso, queste catalogazioni mi fanno lo stesso triste effetto di quando mi sono occupata per radiouno di una rubrica sulla disabilità. Storie di persone, ma anche questioni politiche e di economia e lotte “di classe”, libri, cultura… Non ho mai veramente capito quando e perché la storia di una persona con disabilità possa uscire dal recinto di una rubrica ed essere “degna” di diventare cronaca, quando bianca e quando nera… In generale, non ho mai capito, e mi rifiuto di capirlo, dove finisca la cronaca e dove inizi la cultura…

Tornando alla criminalità, mi sono chiesta e continuo a chiedermi: ma il carcere “duro” non è stato studiato, oltre che per punire, per educare anche i criminali? E perché allora quando succede, che le condizioni portino a una profonda riflessione sulla vita che è stata, non ne vogliamo sapere, come si trattasse di errori di scrittura….

Credo che continuando a dividere il mondo in bianco e nero, e stabilendo da subito chi è bianco e chi è nero, e occupandoci solo di chi appare subito evidente “nerissimo”, e così vogliamo che rimanga, non facciamo che assecondare le derive peggiori del nostro fragile, impaurito, pensiero…

Francesca De Carolis

http://www.articolo21.org – 23 Aprile 2014